Archive for the Senza categoria Category
marzo 8, 2011
Posted by: luciovero and Filed Under: Senza categoria
Carnevale non muore, non può estinguersi, ritornerà ogni anno a sancire la immutabilità
della forza della natura. La sua morte è provvisoria, presuppone un ritorno: al suo richiamo
giovani e anziani liberano la fantasia gettando la propria individualità in una festa popolare.
Questa festa a Ronciglione non è alienazione,ma rappresentazione e simbolo, che attraverso
la maschera permette la comunicazione sociale,valorizza la capacità di espressione dell’individuo;
non c’è alienazione ma festa e creatività.
È un senso che si lascia leggere se teniamo presente, anzitutto,
quella particolarte visione del mondo che ha dato vita al rituale carnevalesco,
alle sue forme rappresentative e a tutti quegli aspetti simbolici che oggi ci appaiono,
destituiti di ogni significato, incomprensibili.
Il Carnevale delle origini appartiene come è noto a quel complesso
di riti agrari che si svolgevano all’inizio di un ciclo stagionale
la cui funzione era duplice: espulsione di tutto ciò che era considerato malefico per propiziare la
fecondità della terra e la prosperità del gruppo umano.
Riti di fertilità con funzione apotropaica, ben conosciuti dall’etnologia,
che s’ispirano al principio del «capro espiatorio» realizzando l’espulsione del «male»
attraverso il suo trasferimento simbolico su un animale o un fantoccio che verrà poi soppresso
o allontanato come, appunto, accade nella cerimonia della morte di Carnevale
presente in ogni tradizione. Una morte simbolica che assicura fertilità e prosperità
e che quindi è anche nuova vita, rinnovamento.
Il Carnevale è dunque in origine un rito propiziatorio che nasce da una visione del mondo propria
della cultura contadina.
La festa cade infatti nel momento cruciale in cui la natura deve risvegliarsi,
quando il seme fecondatore sta per venire alla luce dal mondo sotterraneo;
quando la natura, apparentemente morta, sta per rinascere.
I testamenti di Carnevale avevano un senso burlesco. Carnevale finge di lasciare alla comunità,
con larga generosità, abbondanza di beni. Ma il lascito è puramente immaginario; in realtà Carnevale non distribuisce nulla, solo cose inutili e superflue. Lascia al sole la luce, al fuoco il calore, ai mercanti i crediti, ai giovani i travagli,
ai vecchi le infermità, alle vedove la libertà, alle donne la vanità, ai ladri il cappio e così via.
Carnevale lascia tutto esattamente come è. Carnevale non muore, non può estinguersi, ritornerà ogni anno a sancire
la immutabilità del corso della natura. La sua morte è provvisoria, presuppone un ritorno:
come provvisoria è la morte della natura che sotto il manto invernale si muove, si trasforma, prepara la rinascita primaverile.
In piazza a fine carnevale il rito:
L’incoronazione di un re che non è un vero re e la sua successiva inevitabile scoronazione o soppressione contiene già il nucleo del senso carnevalesco espresso nell’idea di rovesciamento,sostituzione, trasformazione.
Oggi come allora prima di morire Carnevale lascia un testamento.
Allora con il pretesto dei lasciti venivano denunciate pubblicamente tutte le malefatte della comunità compiutesi durante l’anno e,si facevano addirittura i nomi dei cittadini colpevoli,oggi il più bel lascito è il suo testamento: il senso della vita….
marzo 4, 2011
Posted by: luciovero and Filed Under: Senza categoria
Ecchece! Simo ‘rrivati! Manca solo ‘na settimana da i vegliò do sabato e do martedì grasso pe sta bella novità do Carnevale By Naitte…e stamo ancò pieni de lavoro!
Ce so i costumi da fenì, a gommapiuma da ‘ncollà e a stoffa da cucì.
E un v’avite da creda che na mascherata se fa dall’oggi a dimà!
Noi roncionesi veri cominciamo a pensà ai bozzetti mòrto tempo prima, subbito doppo l’istate, ma nunno so perché, o de riffe o de raffe, ‘nnamo a fenì sempre all’urtimo mumento…e pò tocca sperà che nissuno c’avuto a stessa pensata nostra: ‘ncomincia cossì a vera e propria competiziò tra i gruppi de regazzi e ognuno se ‘mpegna pe fa a mejo mascherata.
Tutte e sere, doppo llo poco studio do pommeriggio (perché o pensiero aggià sta a carnevale), ce vedimo drento e case o n’i laboratori e, tra ‘na battuta e du’ risate mettimo su o spettacolo nostro.
A cosa mejo è che o spirito roncionese rivive ne ste serate, come quanno i nonni se mettevono su quarche cosa alla mejo e scappavono a fa e mascherine; finalmente pure noi regazzi, co ste idee grosse, nun simo più solo l’attori de a mascherata, ma propio l’inventori, e pare quasi che sto carnevale de notte c’abbia risvegliato a vera tradiziò do Carnevale de ‘na vorta qui a Ronciò!
febbraio 27, 2011
Posted by: luciovero and Filed Under: Senza categoria
Già alla nascita, nel Quattrocento, il nostro Camevale come quello Romano portava in sé i segnali che sarebbero stati più che mai evidenti
circa un secolo dopo, con il Rinascimento e con la riscoperta dei classici della cultura greca.
Il Camevale era un’operazione culturale che guardava al futuro, che accoglieva lo spirito
trasgressivo degli antichi “saturnali” e “lupercali”, ma ne abbandonava le
forme triviali e lo incanalava in nuove forme magnificenti e sfavillanti di
rappresentazione e di comunicazione.
I ricchi ed i poveri nel Carnevale si trasforrnavano, si mascheravano, continuavano
a scambiarsi i ruoli nei travestimenti più comuni della tradizione romana.
Ma allo stesso tempo era come se scoprissero il valore e la consapevolezza delle loro
tradizioni che erano già più che millenarie.
È come se nelle emozioni mostrate dalla comicità naturale e spontanea
si rappresentasse al mondo intero, e non solo a sé stessi la vita e la sua “magia”;
Nella trasgressività si mostrava la storia comune, che raccontava il mquotidiano ,intriso di
mitologia,il sacro e il profano.
A Roma i papi diventarono direttamente finanziatori della parte spettacolare del Camevale,
i trionfi, le sfilate, le allegorie, le ricostruzioni storiche diventarono
vere e proprie suggestioni che raccontavano
i fasti e le glorie di una civiltà universale, mescolandosi con le prime rappresentazioni popolari: o ggi aRonciglione possiamo ripetere

Potenti mascherati
Si perchè oltre ai carri il carnevale è la nascita della rappresentazione teatrale: il luogo della comedia.
Ronciglione ha una propria maschera il nasorosso: lui pieno di sofferta contraddizione offre cibo e disgusto,diverte
e fa pensare, è carico di quelle contrapposizioni forti che caratterizzavano il rito di passaggio, l’eterno rinascere.
Nasorosso diventa protagonista di un momento di alta teattralità:la morte del Carnevale.
In una piazza rinascimentale le contrapposizioni esplodono, il ballo ed il funerale, godimento sfrenato e giudizio sulla vita, questi sentimenti esplodono
e si perdono alla musica del saltarello mentra il fuoco di un pallone aereostratico brucia nel cielo il carnevale
e ci riconduce ad una nuova quotidianità.
Quì il carnevale vive ancora e diventa storia.
gennaio 19, 2011
Posted by: luciovero and Filed Under: Senza categoria
Il Carnevale di Ronciglione con il gioco storico della corsa dei Barberi rappresenta una opportunità di promozione del territorio, di marketing territoriale;permette di inserire in una rete nazionale ed europea il gioco storico, un unicum con più di 600 anni di tradizione: i barberi, gli ussari,una maschera che sta alla pari con arlecchino e pulcinella. Così personaggi politici, cittadini, amanti del gioco storico, al di là degli schieramenti, si sono impegnati per valorizzarlo.
L’assessore al turismo, ha avanzato l’idea di “un carnevale unico che comprenda l’intera zona dei Cimini. Ma per fare questo – ha detto – occorre che i Comuni lavorino insieme”.
Nell’epoca della globalizzazione il progresso scientifico e tecnologico ha riunito tutta l’umanità in una situazione di fortissima interdipendenza,non solo economica ma culturale. Dovremmo essere consapevole di vivere in tale era planetaria e conseguentemente dovremmo essere coscienti dei rischi e delle opportunità che questo comporta.
La coscienza dell’interdipendenza di ciascun essere umano dovrebbe condurre le Scelte amministrative, culturali anche nella nostra città, la missione è la diffusione tra i cittadini della coscienza di interdipendenza.
Occorre sviluppare la consapevolezza che cultura e territorio non sono chiusi, consapevolezza che tante similitudini tra individui “lontani”,quante ce ne sono tra “vicini”ci sono e debbono esserci..
Tale prospettiva abbraccia non solo la dimensione economico produttiva della globalizzazione, ma anche quella culturale-simbolica, quella politica-istituzionale.
Lavorare assieme può valorizzare le risorse artistico culturali del territorio, così la Regione Lazio vuol far sistema,legando aree omogenee, legando paesi vicini con azioni integrate,coordinando ricezione urbanistica ; realizzando una offerta turistica seria,programmata. Operando come sistema si possono attrarre capitali, mentre si garantisce lo sviluppo del territorio.